Bang Face ’10: JurACID Park

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Se fosse durato anche un solo giorno in più saremmo stati tutti ricoverati in un ospedale psichiatrico, d’altronde il Bang Face, arrivato alla sua terza edizione, non è nient’altro che questo: 3 giorni di adrenalina anfetaminica, vissuti tutti d’un fiato ballando sull’immancabile moquette inglese, che ben poco concedono al riposo se non qualche ora assolata da trascorrere in spiaggia.

Altra caratteristica fondamentale del rave organizzato da James Saint Acid e dalla sua Hard Crew è la fedeltà del pubblico, degno discendente delle tribes dei primi anni ‘90, che per esserci ha sfidato addirittura le ceneri del vulcano islandese che fino all’ultimo hanno causato il blocco degli aereoporti di mezz’Europa.

Tanta tenacia è stata giustamente premiata da una line up di altissimo livello con giusto un paio di defezioni risolte con sostituzioni se possibile ancora migliori dei titolari: Bizzy B al posto di Friction ma soprattutto Mu-Ziq al posto di Mark II (comunque presente il sabato).

I padroni di casa ci danno il benvenuto con il tradizionale set hardcore di Dave Skywalker che per l’occasione propone un remix d’assalto della colonna sonora di Jurassic Park, tema scelto per la festa di quest’anno.

Musicalmente si può affermare che il Bang Face 2010 è stato soprattutto la sagra della catena con i Dj breakcore a dominare in lungo e in largo, dentro le sale e dentro gli chalet: Venetian Snares è il capo indiscusso di un plotone di zombie attaccati alla presa della 2 e 20 che arriva addirittura a lanciare una lattina di birra contro il fonico che non segue i suoi ordini. Jason Forrest aka Dj Donna Summer (copia sputata del wrestler americano Kane) ed i leggendari Human Resource from R&S rec., con uno straordinario set hardcore ‘92/’94 (ciliegina sulla torta SunbeamOutsideworld” ) sono i suoi fidati luogotenenti.

Fortuna che c’è Ceephax con un live tutto analogico a rallegrare l’atmosfera pompando l’happy acidcore dell’ultimo album così come DMX Krew che, ad un mese dal BLOC, affina il nuovo live rendendolo ancora più intenso e accattivante.

Sul versante delle nuove generazioni c’è da segnalare il talento di Loops Haunt e della giovane Doubtful Guest.

Divertentissimi anche i ragazzi della Countryside Alliance Crew: contadini inglesi con tanto di mucche e pecore on E al seguito trapiantati nella Jamaica della d’n’b più spinta.

Per quanto riguarda il dubstep ormai possiamo dire con certezza che è morto, o meglio reincarnato nelle sue mille diramazioni affossando ogni tentativo di definizione: Appleblim, sempre più al vertice del djing mondiale, ha impostato il proprio sound su beats sexy e groovosi alla Strictly Rhythm con melodie dubbeggianti e mentali; Joker, invece, si serve dei potenti Funktion One per torturare la folla con i vibranti bassi del wonky beat, vero e proprio future pop.

In mezzo la sublime eleganza di Detroit: a Dj 3000 bastano solo un paio di Technics senza nemmeno gli effetti per trasformare la face room in Copacabana, mentre gli Aux 88, in divisa e synth, mettono su uno show degno dei Kraftwerk.

Spiegare poi a parole il live degli Urban Tribe è poi impresa davvero ardua: Moodymann, Antony Shake Shakir e Dj Stingray con drum machine vintage, laptop e tastiere intrappolano il funk in una prigione sotterranea dove la luce del sole non può arrivare. Immaginatevi Moroder in un solitario concerto dopo l’apocalisse nucleare, non so se rendo l’idea!

L’ultima gemma di scintillante estetica ce la regalano i Plaid: sala al buio e luci blue, giri di basso stretti dai rimandi proggy, grandi viaggi inframmezzati da risvegli schizzofrenici idm.

In tutta questa perfezione rileviamo solo un paio di delusioni, vale a dire un Mathew Herbert che non va oltre un normale, ed anonimo, djset techno/dubstep, e gli Orb a cui ormai si assiste solo per puro gusto filologico perchè per il resto il peso dell’età è troppo grande per consentire passi in avanti sia nella ricerca che sul dancefloor.

Chiude la festa il nostro ospite Saint Acid con l’ultima mitragliata acid, perfetta per la battaglia in pista a colpi di palloncini e delfini gonfiabili da spiaggia, per poi lasciare il commiato alle classiche cornamuse scozzesi.

E’ stata durissima ma siamo arrivati fino in fondo, ci rimane solo un’ultima levataccia per andare a prendere l’aereo e, una volta a casa, chiamare immediatamente il fisioterapista per un appuntamento!

Federico Spadavecchia

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