Un fischio intransigente a cancellare ogni dubbio apre uno degli album più attesi degli ultimi anni: Blixa Bargerld degli Einsturzende Neubauten, formazione culto della scena industriale, incontra Carsten Nicolai altrimenti detto Alva Noto, colonna portante del minimalismo elettronico.
Le perplessità che Fall spazza via sono quelle che avevano smorzato gli entusiasmi per un’altra jam, non troppo riuscita, tra pionieri del calibro di Pan Sonic e Alan Vega.
Invece nel giro di due minuti quello che appare come il lamento di una macchina sotto pressione si rivela come un vortice di anime intrappolate nella tecnologia, dove il tempo è scandito da un quasi sacrale spoken words di Blixa, rigorosamente in tedesco, sull’inizio della caduta e capitoli chiusi.
Il tema del disco è appunto il rapporto tra la voce e il rumore meccanico, dove l’elemento umano è sia veicolo di messaggi che fonte sonora pronta per essere plasmata in una nuova forma.
Succede quindi che il coro finale dei dieci minuti della start track diventi il soffice appoggio ambientale per un malinconico pianoforte.
Le atmosfere sono spettrali, se Fall segna il passaggio alla vita ultraterrena, Once again con le sue campane è la condanna dello spirito ad infestare uffici abbandonati per l’eternità facendo scattare stampanti e macchine da scrivere in corto circuito. Non si può fuggire dalla città elettrica costruita dalla società industriale, nemmeno con la morte in un continuum imipiegato-zombie impiegato-fantasma.
E’ la solitudine dei numeri primi quella della cover di One, scritta da Harry Nilson, in cui il leader degli Einsturzende si fa dolce per intonare versi come t’s just no good anymore since you went away, Now I spend my time just making rhymes of yesterday e ancora One is the loneliest number that you’ll ever do, mentre Alva Noto tratteggia la rotta col blip di un radar.
Ret Marut Handshake (in cui Ret Marut è lo pseudonimo del misterioso autore tedesco B. Traven) è il patto del Diavolo tra l’industrial e il minimalismo, il comandamento definitivo tra le scuole qui rappresentate: il rock di Blixa picchia sui chiodi sonori di Carsten e le frese digitali graffiano più di chitarre distorte.
Bersteinzimmer ovvero della lontananza, una lunga suite dapprima isolazionista e quindi sinfonica, con un aristocratico lied finale: vi lascio soli nella mia camera d’ambra affinchè vediate le terre che possiedo.
I wish I was a mole in the ground sono le parole che i fans della prima ora degli Einsturzende Neubauten non vedevano l’ora di risentire.
You as an insect, you mimic yourself è il ritornello della title track Mimikry che sgorga da fat beats technoidi. Inquietante, gli oggetti sulla scrivania prendono vita e si nascondono a loro volta.
Che sia un riferimento al più famoso locale della città in cui Nicolai vive? Un titolo come Berghain nella comunità techno non si prende alla leggera ed effettivamente, tra i sibili delle gallerie della centrale energetica di Friedrichschein, la violenta miscela ritmica che vi si produce e riferimenti testuali a disco labirinto, sembra proprio che quest’ipotesi non sia così campata in aria.
Una tormentata Wust circa il significato dell’amicizia ci porta all’ultima canzone, Katze,
glitch pop a base di miagolii, naturlich, ed inviti stile Alice nel Paese delle Meravigliead entrare in un mondo, quello dell’elettronica, in cui, specularmente a quello reale, tutto è finzione, danza di elettroni.
Federico Spadavecchia