Quante volte avete sentito i vostri genitori lamentarsi di non essere mai riusciti a vedere dal vivo gli idoli rock della loro giovinezza? Artisti come i Beatles, Jimi Hendrix, Jim Morrison e Sua Maestà, il Re Elvis Priesley, che hanno profondamente segnato non solo la storia della musica ma addirittura quella dell’umanità.
Beh a noi nuove generazioni (oh non saremo appena usciti ma siamo ancora in garanzia eh!), invece, ci è stato fatto un ragalo davvero speciale: poter assistere in prima persona alle performance di coloro che hanno creato la Nostra Musica, quella per cui i nostri cari papà ci gridano di abbassare il volume di quel tum-tum-tum tutto uguale.
Se poi pensate che possiamo gederci tutto questo senza farci migliaia di Km per andare all’estero, il quadro diventa un capolavoro.
Agli inizi degli anni ‘80 in un sobborgo di Detroit, Bellville, si incontrano tre ragazzi che scoprono di avere in comune la passione per il synth pop europeo, ed i loro eroi si chiamavano Giorgio Moroder, Kraftwerk e Gary Numan. Dopo qualche tempo uno di loro capì che era giunto il momento di produrre la propria musica, il suo nome era Juan Atkins e nel giro di un paio d’anni il nuovo sound proveniente dalla Motor City era divenuto la più grande rivoluzione musicale dai tempi del Punk…era nata la Techno!
Sabato scorso ormai ben 20 anni dopo, a Torino, in quella che si può definire la seconda città dei motori più importante del Mondo, grazie allo staff de La Tana! e al Fluido, piccolo club immerso nel Parco del Valentino sulle sponde del Po, una folla immensa si è radunata per uno degli eventi più attesi di questa stagione di clubbing: il dj set di Juan Atkins.
Non si tratta di una semplice serata, qui non è questione di ballare sui dischi messi da un bravo Dj, no, questa è un’esperienza mistica, significa avere davanti The Creator e ascoltare il suo verbo senza essere morti ma al contrario godendo al massimo della vita, di quella forza che ti anima quando sei sul dancefloor e ti fa ballare fino all’alba.
Il set d’introduzione è affidato all’esperto Federico Gandin, vera e propria garanzia di qualità selettiva e capacità tecnica, non mi sorprende che il pubblico gridi forte il suo nome.
Ma eccolo l’ospite d’onore che si sistema dietro la consolle in attesa del suo momento, una figura magra, esile, appare fragile come una porcellana che rischia di andare in frantumi solo a guardarla, è assai lontano dallo stereotipo della grande Rock Star, e quando finalmente prende il comando delle operazioni fa unicamente una cosa: suona.
Lo show che ci dona è un’avventura attraverso la storia della musica elettronica, e non importa se la tecnica di missaggio è imprecisa e sporca perché ogni pezzo confluisce naturalmente in quello seguente anche se uno ha 15 anni di più dell’altro…Moroder, Mills, Saunderson e May…addirittura un disco su Tenax per poi subito dopo gemere sulle note di una perla disco…
Come mi disse Beppe Loda quando venne a suonare a Genova la differenza tra chi dice di sapere e chi SA veramente di Musica sta nel possedere i dischi, ed Atkins con sé ha un pozzo di oro nero.
La leggenda vivente va avanti per tre ore e mezza senza mai guardare la pista, è uomo solo con lo sguardo perso nel futuro e attraverso la musica ci racconta le sue visioni.
Solo alla fine, a set concluso con una placida ninnananna acida, si lascia contagiare dall’entusiasmo generale del caloroso pubblico del Fluido per buttare sul piatto, a grande richiesta, Jaguar, un disco che a mio avviso dovrebbe essere suonato per ogni sacramento, e sotto la consolle a noi non resta che alzare i calici e rendere lode al nostro Creatore.
Federico Spadavecchia