Fai la valigia. Prendi i documenti. Non dimenticare i soldi. Check-in online. Corri alla navetta. Carta d’imbarco. Gate 9. Decollo. Turbolenza. Atterraggio.
Il ritmo è frenetico nell’era del low cost. Le antiche trasferte in cinque su una Panda scassata hanno ceduto il passo alle più appetibili tratte aeree economiche, tra una capitale europea e un’isola balearica, da un club berlinese a un concerto nel cuore di Londra.
Vercelli è una città accogliente, situata a metà strada tra Torino e Milano, con i suoi quarantasettemila abitanti, le abbondanti coltivazioni di riso e le acque del Sesia a segnare il limite con la provincia novarese. Non ci sono voli Ryan Air, non spuntano grattacieli, non esistono metropolitane. Eppure anche questo scorcio di pianura padana sa regalare meravigliose sorprese.
Jazz:Re:Found è un festival di musica d’avanguardia giunto quest’anno alla seconda edizione; la rassegna dimostra di avere un ampio respiro internazionale, pur rimanendo profondamente radicata sul territorio vercellese.
Descrivere un’esperienza è sempre qualcosa di impervio. Non si tratta semplicemente di sensazioni visive o uditive. Talvolta è qualcosa di più profondo, qualcosa che tocca le corde dell’anima e rimane a lungo impresso nella mente.
Potrei scrivere qualche parola sul luogo, un’ampia area in centro città, a metà strada tra il panorama industriale e quello agricolo. Vi potrei spiegare in che modo le ciminiere di una fabbrica sono state utilizzate come sfondo per i giochi visuali, oppure potrei raccontarvi dei mille murales sulle pareti del capannone e dei maxischermi a LED giunti apposta dall’America.
Potrei parlarvi di Stephanie McKay e della sua voce intrisa di soul. I leggings verdi erano un pugno in un occhio, ma fate attenzione a ciò che le dite… la fanciulla arriva dal Bronx!
E che dire degli Sweet Vandals? Coinvolgente e divertente band di Madrid, che se fosse di New York sarebbe già esplosa da un pezzo, ma siccome è di Madrid ci mette un po’ a carburare.
Potrei commentare lo show dei Jazzanova, dilungandomi in noiose digressioni musical-filosofiche e spiegandovi perchè non mi sono piaciuti, troppo freddi, troppo accademici… (E poi diciamocelo, la camicia di Paul Randolph era inguardabile!)
O potrei smetterla di scrivere e rimettermi a ballare al ritmo degli Hot 8 Brass Band, quegli otto omoni neri venuti da New Orleans con un imponente armamento di trombe, tromboni e sassofoni.
E poi i Casino Royale, con la loro retrospettiva in chiave reggae su vent’anni di onorata carriera. Not my cup of tea, come direbbero oltremanica, ma anche questo fa parte del gioco.
Potrei consigliarvi i Flowriders e Colonel Red, abili miscelatori di suoni funk, hip hop e broken beat, o parlarvi dei tanti giovani che hanno partecipato al contest, dimostrando grinta e qualità da vendere.
Oppure, ancor di più, potrei raccontarvi di Josè James, ragazzo di Minneapolis dalla voce calda e dal carisma innato. Un MC prestato al jazz, talento indiscutibile, vera rivelazione del festival.
In ultimo, infine, potrei dedicare righe su righe agli artisti più attesi del festival: i Lamb, duo storico del trip hop di fine anni Novanta, scioltisi nel 2004 e ritornati quest’anno a calcare i palchi di mezzo pianeta. Potrei fermarmi un secondo e rivivere quel momento in cui la splendida Lou ci ha guardato negli occhi, uno per uno, sinceramente commossa per quell’affetto che nessuna Glastonbury ti può dare, ma che trovi solo in un «compact bijoux festival» (parole sue!) come Jazz:Re:Found.
E potrei descrivervi gli occhi lucidi di Denis Longhi, anima, cuore e direttore artistico della rassegna, che nel consegnarle un mazzo di fiori si emoziona come un bambino la notte di Natale. Potrei raccontarvi degli sforzi e della passione che decine di ragazze e ragazzi hanno dedicato alla realizzazione di un piccolo grande sogno, mettendo in moto una macchina immensa, di gran lunga superiore in qualità e quantità a tanti inutili festival che abbondano in quest’estate italiana.
Potrei parlarvi di questo e di molto altro, ma so che siete di fretta.
Voli low cost, carte d’imbarco, check in online e valigie da fare. Spesso fuggiamo lontano inseguendo il mito della terra straniera: grandi nomi, dj superstar, music business e folle oceaniche.
Se una volta soltanto ci fermassimo un istante guardandoci intorno, ci accorgeremmo, forse, che il bello è a due passi da noi.
This could be heaven…
Andrea Pregel