Quante volte si deve ripetere un evento perchè questo possa essere definito come una tradizione?
Me lo domando perchè, dopo la splendida edizione dello scorso anno, sono tornato nuovamente in quel di Francoforte, Obertshausen per essere precisi, per festeggiare la fine dell’estate al Green and Blue, il festival organizzato da Sven Vath per rendere omaggio ai suoi luoghi natali.
Col ricordo del party scorso nel cuore per un attimo ho temuto che fosse impossibile replicare l’esperienza passata, ma poi, osservando che questa volta si sarebbe celebrata la sua quinta ricorrenza ed il line up come sempre di altissimo livello, ogni dubbio è scomparso.
Arrivati a Francoforte nella notte di sabato andiamo dritti a dormire in albergo, e la mattina seguente, grazie ad una sontuosa colazione alla tedesca con tanto di salsicce, bacon, torte al cioccolato e salmone affumicato, ci mettiamo in moto di gran carriera per arrivare il prima possibile allo Schwimmbald Zentrum per goderci l’apertura del palco blue affidata al talento rumeno Raresh.
Purtroppo però a causa del traffico immenso e di qualche ritardo (nostro chiaramente, avete mai visto un treno crucco in ritardo??!!), entriamo che è più o meno l’una e sta già suonando Josh Wink.
L’artista americano è uno dei Dj che da tempo aspettavo di sentire in un luogo che ne esaltasse le sue indiscusse capacità: già pilastro del movimento acid, con la sua Ovum records impartisce costanti lezioni su come debba essere la Musica.
La prima cosa che noto quando lo vedo è che non porta più i dreadlocks in favore di una sobria coppola da giocatore di golf. Ed eccolo infatti tirar fuori dalla sua sacca le mazze di cui ha bisogno per affrontare il green: tutti colpi morbidi e sinuosi quasi ad esaltare il gesto atletico, le atmosfere acid si spogliano della loro aggressività per dare voce alle loro componenti più happy quali cantati femminili, tamburelli e melodie.
Il suo set, come appunto un campo da golf, è tutto un armonioso sali e scendi fiancheggiato da curve dolci che quasi cullano il pubblico mentre balla felice col sorriso sulle labbra.
Sono le tre del pomeriggio ed è ora del prossimo cambio, intanto la nostra euforia aumenta ancora perchè veniamo a sapere che Raresh suonerà anche un’ora alla fine e che quindi potremo sentirlo.
Ma ecco che salgono in consolle Robag Wruhme e Monkey Maffia alias The Wighnomy Brothers, e scusatemi se praticamente mi lancio in questa dichiarazione d’amore folle per loro, ma questi artisti danno davvero un significato profondo all’espressione Club Culture facendo trasudare da tutti i pori la loro genuina passione per la musica elettronica…anzi no…per la MUSICA e basta!
Il primo disco già fa capire che l’intensità emotiva sarà portata all’estremo: un cantato, in una lingua che mi pare dell’Est, esce fuori da un tappeto di synth lisergico ipnotizzando letteralmente la pista, e quando parte la cassa è un delirio collettivo!!!
I Wighnomy sono più che Dj, sono Jazzisti capaci d’improvvisare sui piatti creando scratch, controtempi e cuts, sono seri musicisti e allo stesso tempo party animals in grado di far sparire in pochi minuti intere bottiglie di vodka ed esibirsi in balletti esilaranti, ma forse la qualità che li rende davvero speciali sta semplicemente nel loro amore per le sette note (da notare che Monkey si è dovuto bendare un’occhio con una benda da pirata perchè colpito proprio dai troppi dischi che aveva appena comprato), un sentimento sincero che traspare nei loro set ed infiamma il cuore del dancefloor.
Come Wink prima anche loro optano per sonorità composite, spaziando da ritmiche dritte ad oblique, dal rigore della cassa in quattro a melodie fantasiose, e quando parte una tromba non si può fare a meno di pensare che Coltrane è vivo e lotta insieme a noi…
Le due ore della performance volano che neanche ce ne accorgiamo, siamo raccolti insieme a tutti i nostri amici con cui ci siamo ritrovati sotto alla consolle, e nel frattempo Ricardo Villalobos si avvicina per prendere il timone di questa barca lasciata alla deriva dell’sipirazione.
Con gli altri decidiamo di prenderci una pausa per fare un giro sui prati, come sempre pieni di gente tranquilla e belle ragazze sdraite sulle loro trapunte da picnic domenicale, e con la scusa sentire qualcosa del palco verde.
La consolle principale è già occupata dal padrone di casa herr Sven Vath che intrattiene il pubblico con sonorità più cariche di quelle della zona blue, ma che in un certo senso ne condividono l’alone acid. I dischi, come tipico di Sven, vengono lasciati per quasi l’intera durata e sono tutti potenziali hits da topsellers.
Per quel che ci riguarda però preferiamo il clima underground dell’altro palco e quindi torniamo a sentire il Dj Cileno.
Villalobos fomenta il pubblico alternando i suoi classici ritmi minimali contaminati da suoni house aperti e funky, ad atmosfere più deep e mentali in previsione del fatto che dopo di lui ci sarà il live di Guy Gerber.
L’elemento che ci tiene incollati a questo palco è da individuarsi proprio nel fatto che ogni esibizione appare come un tassello di un unico lunghissimo set; ogni Dj non solo si limita al proprio ruolo si Star del mixer, ma con grande umiltà e perizia fa il warm up per l’artista successivo.
Succede allora che un producer come l’Israeliano Gerber, con la sua minimal progressive, riesca a seguire naturalmente le orme di Ricardo dal quale differisce completamente.
Il nuovo acquisto di casa Cocoon accompagna la nostra cena a base di patatine e bratwurst caricandoci per il set conclusivo di Raresh.
Ho già avuto modo di testare la bravura del giovane protetto di Villalobos al Time Warp e, come già dissi allora, il ragazzo è realmente capace e anche in questa occasione me lo conferma, proponendo dischi dal groove solare e suoni presi all’house ma deformati da quello strano specchio che è la techno minimale.
Balliamo di gusto vengono con i fuochi artificiali che tingono di rosso, viola e colori dorati il cielo ormai buio, mentre nel main stage i giochi laser stanno ricreando una dimensione parallela…
Al termine del set di Raresh, sono le dieci e un quarto, corriamo per cercare di sentire gli ultimi dischi di Sven che però non solo ha terminato, ma sta anche finendo il suo discorso di chiusura della festa.
Non ci resta allora che uscire e prendere la metropolitana per l’after al Cocoon club.
I miei amici non erano mai stati al Cocoon e devo ammettere che un pò li invidiavo, perchè il club di Francoforte è un luogo che ti piacerebbe scoprire tutte le volte come fosse sempre la prima: rimanere a bocca aperta per il design all’avanguardia, per la sua forma a diamante, per l’impianto assurdamente perfetto, per la consolle a forma di Ufo…
E a pilotare il disco volante ritroviamo proprio Raresh, stavolta in back to back con Chris Tietjen.
Alle due promesse del Djing è affidato l’arduo compito di non far rimpiangere il party pomeridiano, ma mentre il figlioccio del Villa (incredibile come gli somigli nelle movenze e negli atteggiamenti…) continua a sfoggiare tutta la sua classe, il resident del Cocoon non sembra essere in perfetta condizione sbagliando molti passaggi e selezionando dischi troppo pompati che vanno a stonare su quelli proposti dall’altro Dj.
Insieme a tutti gli amici incontrati sorridiamo e balliamo felici fino a quando alle tre del mattino dobbiamo andare via, il nostro volo è alle otto.
Durante i festival come questo i deboli diventeranno anche eroi, per citare l’ultimo disco messo sul piatto da Robag Wruhme (The Streets “Weak become heroes”), ma adesso non ci resta che fare come Superman: rinforcare gli occhiali per ridiventare Clarck Kent e tornare alla routine di tutti i giorni.
Federico Spadavecchia