Benga: Dalla Playstation a Star dell’Iper-Basso

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Proveniente da South London, Benga è un ragazzotto di appena 24 anni e nel mondo è conosciuto, insieme al suo inseparabile compagno di consolle Skream, come uno dei massimi rappresentanti del dubstep, grazie ai suoi djset scuoti-muri, ad una serie di produzioni di altissimo livello e ad un album, Diary of an afro warrior, che si è imposto a tutti i livelli come uno dei migliori 20 dischi dello scorso anno.
Dopo averlo sentito nei clubs di mezza europa lo abbiamo incontrato a Torino durante il party Xplosiva di fine aprile ed abbiamo colto al volo l’occasione per fare due chiacchere sulla scena più interessante degli ultimi anni. Ecco com’è andata

Ciao Benga è un piacere fare la conoscienza, abbiamo avuto modo di vederti all’opera molto spesso in questi ultimi due anni (su tutte ricordiamo la tua performance al BLOC Weekend a Minehead) e senza girarci troppo intorno sei uno degli artisti più interessanti dell’attuale scena elettronica ed in particolar modo, naturalmente, per quella dubstep. Ecco, cos’è per te questo genere e per quale motivo ti ha così coinvolto?
Ho iniziato a fare il Dj quando ero molto giovane e la musica che mi piaceva proporre era l’Uk Garage, così col tempo mi è venuta sempre più voglia di suonare qualcosa che fosse davvero mio e quindi ho cominciato a produrre il mio Garage. Naturalmente ho composto anche pezzi di stili differenti ma la mia grande passione restava comunque il Garage.
In giro si dice che all’inizio tu e i tuoi amici usavate la Playstation per fare musica, è vero?

Oh sì è vero, sai eravamo molto giovani e stavamo in fissa con la Play…
L’incontro con Hatcha è stato determinante affinchè tu e Skream diventaste definitivamente i padri del dubstep…

Beh, io e Skream ci limitavamo a produrre dei pezzi che poi ad Hatcha, già allora molto conosciuto, piaceva mettere durante le sue serate. Quindi grazie a lui abbiamo stampato i nostri primi 7 e 10 pollici.
Quando vi siete resti conto di essere diventati the next big sensation?

Veramente non ce siamo ancora resi conto ahahahah…In realtà devo dire che quando tre anni fa abbiamo cominciato a fare parties in giro per il mondo ci siamo accorti di quanto si fosse diffuso il dubstep e non riuscivamo davvero a crederci!!!Era incredibile!!!
Nuovi suoni, nuovi artisti e clubs, ma nonostante questa ventata d’aria fresca quello che colpisce di più del movimento dubstep è la sua attitudine, perfetta reincarnazione dello spirito della prima scena rave legata all’acid house…

Sì credo sia vero, le canzoni che facciamo vogliono essere musica per la gente, desideriamo che le persone possano divertirsi con i dischi che suoniamo
Ed infatti in tutte le feste dove hai suonato abbiamo visto ragazzi saltare come matti…

eh per il Dj è la stessa cosa, ci si diverte insieme al pubblico
Nel dubstep, per ora, le superstar sono bandite…

Oh assolutamente eheheheh
Parlando di celebrità, non è raro che vi esibiate insieme a vere e proprie leggende della musica Techno e se ci si pensa può apparire strano vista la grande differenza di età. Probabilmente certi Dj’s non li avete mai sentiti dal vivo, il tuo socio Skream ad esempio ha conosciuto la drum and bass perchè suo fratello maggiore era nella crew di Grooverider…

Sì in effetti è così perchè molti Dj’s essendo molto giovani frequentavano club commerciali, mentre altrettanti seguivano artisti Garage come Hatcha, che tra l’altro era il mio eroe.
A proposito di Uk Garage, è interessante notare come il pubblico di questa corrente musicale (e della successiva 2-step) fosse completamente perso in atteggiamenti altezzosi e modaioli, in pratica tutto l’opposto dei Dubstep Boys…

Credo sia dovuto più che altro ai messaggi lanciati dagli MC, alla base della scena Garage e 2-step, mentre adesso la gente è in contatto diretto con la musica e questo penso li faccia sentire più liberi e a proprio agio, non devono dimostrare niente a nessuno.
Riprendendo il discorso dei paragoni con la vecchia scuola, salta subito all’occhio il ruolo fondamentale giocato dalle radio pirata. Cosa ne pensi?

Perfettamente d’accordo, senza le radio pirata il dubstep non si sarebbe diffuso a questi livelli e così velocemente.
Tra l’altro ora anche emittenti ufficiali sono pienamente coinvolte, basti pensare a Rinse fm e al gran lavoro portato avanti da Mary Anne Hobbs sull’ammiraglia Bbc radio 1. Possiamo ritenerlo un passo avanti?

Certo è un fatto molto significativo, diffondere nuova musica tra le persone è una cosa importantissima. Nel programma di Mary Anne puoi ascoltare musica davvero incredibile.
Beati voi da noi le radio si sono praticamente estinte…anyway quali sono per te i clubs ed i negozi di dischi migliori per il dubstep?

Oddio non saprei dirti soprattutto per i negozi, ma ritengo che bisogna approfittare di ogni grande negozio visto che a quel che vedo iniziano ad avere una buona fornitura di dischi dub. E per i clubs di validi ce ne sono davvero molti.
Bristol e Londra sono le Capitali del dubstep, come ti spieghi questo legame?

Non so esattamente, quello che posso dirti su Londra, ed in particolare sulla zona sud dove vivo io, è che c’è una continua voglia di scoprire suoni nuovi, desiderio alimentato dall’infinito meltingpolt culurale che da sempre risiede a Londra: dal reggae alla techno ad altre forme di slow beats (come quelle che ad esempio hanno influenzato Mala) c’è veramente di tutto.
Senza contare che Bristol ha dato i natali anche al Triphop…

Trip-cosa??? Di che stai parlando non ne so nulla…ma immagino che anche lì abbiano il loro sound.
E come la vedi fuori dall’Inghilterra?

Non saprei veramente visto che non suono moltissimo fuori confine, però per quello che ho avuto modo di vedere credo che le cose vadano molto bene e siano destinate a migliorare.
Beh certo che se pensiamo che addirittura Berlino, città simbolo della minimal techno, è stata messa sotto scacco grazie al lavoro dello staff Sub:Stance e dei ragazzi di Hardwax/Basic Channel non possiamo che sorridere…hai mai suonato laggiù?

Oh sì ed è stata una grande esperienza. Lì il pubblico proprio per via della minimal, che viaggia ad una velocità non troppo sostenuta, ha compreso subito il nuovo ritmo e non ha avuto difficoltà nell’apprezzarlo.
Parliamo delle produzioni: se in un primo momento erano influenzate soprattutto dalla musica giamaicana, oggi ci troviamo davanti ad un crossover universale dove si mescolano tutte le correnti passate per Londra negli ultimi 20 anni. Quindi c’è il tuo stile che rispetto agli altri appare molto più studiato, è corretto?

Sì direi che è giusto, all’inizio le atmosfere dub e reggae erano molto più presenti anche se non credo di averne subito l’infulenza più di tanto. Nel dubstep ogni producer coltiva il proprio stile senza stare a guardare troppo gli altri.
Cosa che invece avviene puntualmente negli altri generi e non solo dance…

Sì è una gran cosa davvero. Siamo molto fortunati.
Siamo arrivati alla fine di questa bella chicaccherata: quali saranno secondo te le prossime evoluzioni del dubstep che oggi compie dieci anni?

E’ chiaro che diverrà sempre più popolare ma sino a quando gli artisti continueranno a guardarsi intorno rimanendo concentrati sulla musica non ci sarà niente di cui preoccuparsi.

Federico Spadavecchia

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