Awakenings ’07: la rivincita della Old School

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Awakenings, risvegli. Chissà a quali “risvegli” si riferissero gli ideatori del più celebre rave Techno oriented olandese quando lo battezzarono. Magari volevano semplicemente ricordare l’estate che stava per cominciare con le piante in fiore e il sole alto e splendente, oppure il tornare a sentirsi vivi dopo lunghe settimane chiusi in ufficio. O forse a nulla di tutto ciò ma il nome suonava davvero bene. Io però voglio pensare che l’edizione di quest’anno abbia avuto come riferimento quegli ideali, quella passione, ma soprattutto quella musica che sul finire degli anni ‘80 han trasformato la dance da mero strumento edonistico a movimento culturale e sociale di intensità paragonabile solo alla rivolta del punk ‘77.

Ed è così che un sabato mattina mi sveglio alle 4 a casa del mio amico Simone, pronti a correre attraverso le strade deserte di una Milano ancora assopita diretti all’aeroporto. Destinazione fianale: Amsterdam.

L’Awakenings è un open air party che si tiene in una vasta area verde poco distante dalla capitale olandese, dalle 10 a mezzanotte, ed al suo interno può ospitare comodamente un qualcosa come 20.000 persone. I biglietti sono sold out da almeno un mese. E solo grazie al santo patrono di tutti i ravers siamo riusciti a prendervi parte visto il ritardo di quattro ore procuratoci dalla micidiale accoppiata Malpensa-Easyjet….

Polemiche a parte arriviamo alle due del pomeriggio insieme ad un vero e proprio fiume umano che non vede l’ora di festeggiare.

La strategia per questo evento così speciale è chiara e semplice: dedicarsi a tutti quegli artisti che hanno fatto la storia della Techno negli anni ‘90, ed evitare tutta l’ondata minimale che poco si addice a feste così spaziose. Iniziamo quindi a ballare, con gli zaini praticamente ancora in spalla, al ritmo di Jay Denham, il cui sound Detroit energico e positivo ci consente di metterci a nostro agio dimenticando la levataccia.

Sono le 3 passate ed è ora di assistere al primo cambio di consolle: Denham lascia il comando delle operazioni all’eroe dell’Acid Techno Joy Beltram.

Per quei pochi di voi che ancora non lo conoscessero (ragazzi vedete cosa succede a giocare con la ketamina?) diciamo che Joy è Newyorkese ma Belga d’adozione, avendo contribuito in maniera determinate (fu lui ad inventare il c.d. “zanzarismo”) al successo della leggendaria R&S records.

La sua performance è aggressivamente mentale: fa muovere i piedi attaccando e imprigionando le nostre sinapsi senza alcuna via di fuga. Ci risvegliamo da questo stato d’ipnosi collettiva solo grazie ad una tromba da stadio e ad un disco dalle sonorità sporche. Dave Clarke is in charge now. Suoni detroitiani e post new wave conquistano la scena sorretti da ritmiche serrate tenuti insieme soltanto dalla grandissima abilità del Dj inglese.

Per noi è però tempo di cambiare sala per gustarci il live di Secret Cinema e Coming Soon.

Mentre ci muoviamo da una parte all’altra del festival non possiamo fare a meno di riflettere sulla perfezione maniacale su cui la manifestazione è basata (dagli impianti ai bagni non c’era una virgola storta) ma soprattutto sulla tranquillità dei presenti, e l’enorme quantità di belle ragazze eleganti che si scatenano sotto i colpi del sound più duro e veloce.

Il live dei tre ragazzi olandesi con tastiere midi e laptop è davvero notevole, sembrava di assistere alla miracolosa rinascita dell’hardgroove che spadroneggiava in Europa nel 2001.

Siamo giunti quasi a metà festival e decidiamo di assistere una mezz’oretta allo show di Miss Djax, la quale pare aver perso per problemi di salute la possibilità di eseguire un dj set, pertanto ci avviciniamo al tendone n°3 consci di assistere all’ennesimo live fatto con Ableton and co.

Potete allora ben capire il nostro stupore quando, arrivati in pista, vediamo la biondissima Dj di casa manovrare vinili come fosse un funambolo circense, sfoggiando una tecnica fuori dal comune con frequenze al limite dell’umana comprensione.

Al limite delle dimensioni conosciute è invece la performance live dei British Murder Boys alias Surgeon e Regis, coppia di Dj e produttori che per anni hanno animato la sede storica del Tresor di Berlino, e che qui propongono una vasta gamma del loro repertorio, partendo dalle cose stile prima Warp ai ritmi più attuali il tutto sempre fiancheggiato da melodie acide di 303 pronte a buttar giù la barriera dell’inconscio.

Il cielo fuori dall’hangar è di un grigio opaco che lascia filtrare solo qualche goccia di pioggia, ma adesso grazie a Robert Hood è come se fossimo sulle spiagge di Rio con lo stereo pompato al massimo a fare due passi di samba. E così mentre balliamo illusi da un sole fittizio composto da casse acustiche, ci ritroviamo rinchiusi nelle percussioni sincopate di The Advent al secolo Cisco Ferreira.

Cisco, Portoghese, è stato uno dei maggiori protagonisti della scena hardgroove ed electro pubblicando indistintamente su labels come Zenit o Gigolò a seconda dell’ispirazione del momento. E come volevasi dimostrare il suo act si apre con tanto di breaks e riff electronici, e solo più tardi si lascia completamente andare ai grooves a lui tanto cari.

Sono le nove e mezza e per le ultime ore vogliamo passare del tempo con melodie più rilassanti e strutturate perciò, accantonata l’idea di sentire Hawtin, optiamo per quelli che posso tranquillamente definire come i miei artisti preferiti degli ultimi anni: i Whignomy Brothers.

Wrhume e Monkey sono esageratamente carichi stasera: sempre con una bottiglia di vodka tra le mani, Robag è in pieno delirio artistico-alcolico-lisergico, mentre il “fratellino” controlla che non combini troppi guai. Eppure nonostante tutto i nostri eroi tirano fuori dalla loro consolle magica un set intenso, raffinato, da far tendere sempre le braccia al cielo, fatto di arpeggi d’archi, classici minimali e IDM, impreziosito dalla solita precisione tecnica.

Ormai è giunta ora di lasciare il luogo dei festeggiamenti ma, non so ancora se per fortuna o per sfortuna, quella notte non si sarebbe ancora conclusa.

Federico Spadavecchia

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