Il nostro secondo giorno nella capitale olandese è all’insegna di una fitta pioggerellina che ci accompagna nel nostro cazzeggio diurno per le vie del centro e ci costringe a fare una piacevole sosta da Outland records, il negozio di dischi di Bart Skills.
Per il vero lo spazio seppure molto trendy con un sacco di cazzimme giocattolose non offre una grande scelta e, tra il mobilee di Marc Antona che è di una banalità disarmante ed un insipido split Ishi/Beyer, l’unico vinile a finire nella mia borsa è un remix acid house (un luccicante mono faccia arancione) della nostra Sueno Latino.
La sorpresa del giorno però è stata l’incontro con giovani connazionali venuti all’ADE per partecipare alle conferenze su promozione, gestione eventi e copyright, con il buon proposito di mettere in pratica quanto imparato una volta tornati a casa.
Una merenda veloce all’Amnèsia, ed è già ora del nostro appuntamento fisso al K-space dove questa sera è di scena il raffinato showcase della Compost records con la partecipazione della berlinese Innervisions.
Le sonorità housey e jazzate di Micheal Reinboth e soci non sono per tutti, ed in effetti l’affluenza è parecchio bassa (grande vantaggio quando c’è un free bar a disposizione).
Tra divagazioni post funk e disco-tech appare chiaro come le atmosfere nu house attualmente sempre più in voga non siano altro che un movimento di transizione, interessantissime quando si prestano al crossover ad esempio con il dub o l’acid, ma potenzialmente mortali per l’ elettronica da club quando evocano l’house vacua di fine anni ‘90 che più che ad animare la pista era volta a tenerci compagnia in ascensore.
Stanotte fuori ‘Dam c’è il circo Cocoon al The Sand, ma noi che siamo giovani lo snobbiamo per fiondarci di corsa al Paradiso per il dubstep della Oi! rec.
E meno male che doveva essere un ritrovo solo per nerds intrippati di beats irregolarmente nervosi!!
Davanti all’ex teatro di Rembrandt Plein c’è una lunghissima coda, e l’organizzazione è obbligata ad aprire al pubblico anche le balconate usualmente riservate ai concerti dal vivo.
Oltre 1000 ragazzi e ragazze, in prevalenza inglesi ovvio (ed io e il KK unici Italici come sempre), saltano come dei pazzi pogando giocosamente, con le ragazze a lanciare le loro birre, ma soprattutto cantando, a dimostrazione che quella è la LORO musica.
La dimensione hardcorelescenziale del party è quella delle assemblee musicali nelle scuole, dove tutti fanno casino guidati da inni di battaglia contro il potere degli adulti;in questo senso il nome Oi! dell’etichetta ospite, col suo insito richiamo alla scena punk, è perfetto come la pista in legno e moquette impreganta d’alcol, ganja e sudore.
Gomes sta scaldando gli animi, e alle sue spalle un collettivo sta dipingendo un quadro gigante ad immortalare lo spirito della festa.
Primo cambio e le chiavi del Paradiso vengono date ad Hatcha e Mc Creazy D.
“Re-rewind when the crowd say bo selecta” ve la ricordate? E’ la hit con cui gli Artful Dodger sdoganavano al Pop il 2-step e Craig David, ma è anche la tecnica di mix dei Dj dubstep che, dopo essere riusciti a mettere a tempo ritmiche contrarie persino alla gravità, bloccano tutto e in back spinnin’ ripartono dall’inizio. Ogni nota deve essere ballata.
A differenza del cocainomane e fashionist 2-step (ribelle solo a parole: “Got a groove on dancing/yeah, real hardcore/From the front to the back/That’s where i was at/You know, you know the Artful Dodger do it like that“), nel dubstep la parola d’ordine torna ad essere mentalism come per l’acid house dell’87, con la sola differenza che i bassi da lisergici sono diventati trebbiatrici senza controllo.
Caspa ce lo fa capire ampiamente mietendo le nostre gambe e fottendoci il cervello: tra i Klaxons remixati da Skream e l’inno alla marijuana firmato Kevin Martin alias The Bug (un artista che pur rinnegando con forza la sua appartenenza al dubstep ne viene, giustamente, indicato come uno dei massimi esponenti), è impossibile restare fermi.
In consolle a chiudere Cotti and Cluekid, i Kruder e Dorfmeister del dub, come li ha definiti Simo KK, per il modo di far sballare il pubblico continuando a far ricerca; per ogni disco leggermente più easy ce ne sono altri tre ai confini dell’IDM.
Alle 5 passate Cotti si accende un mega spinellone; il quadro è ormai finito, i subwoofer possono rifiatare, e noi usciamo a riveder le stelle.
Federico Spadavecchia