La Techno è futuro? (Riflessioni & Recensioni)

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Avete notato come negli anni la nascita di nuovi trends artistici abbia sempre coinciso con la riscoperta delle mode in voga vent’anni prima? Fate caso che oggi a questa regola deve sottostare anche la techno, un genere recente, diventata da poco maggiorenne: infatti negli ultimi quattro anni la ripresa dei suoni elettronici tipici degli anni ’80 ha contagiato l’intera scena dei clubs, e se dapprima si trattava, come nel caso di Dj Hell, di ammiccanti rimandi a situazioni dimenticate da tempo, oggi invece abbiamo grandi hits da classifica che hanno consacrato al grande pubblico personaggi come il canadese Tiga o il tedesco Roman Flugel, col suo progetto Alter Ego, e convinto Pop stars del calibro di Madonna ad affidarsi a produttori esperti del genere come Stuart Price aka Jacques Lu Cont.

Non pensate però che questo riciclo di materiale da revival riguardi soltanto la situazione attuale: queste operazioni iniziarono già dalla seconda metà degli anni ’90, con campionamenti di musica anni ’70, e se nel panorama mainstream si applaudivano i gruppi rock, che grazie alla rivoluzione di Seattle erano tornati all’uso di strumenti tradizionali mettendo da parte i sintetizzatori tipici del Pop e della new wave, nel sottobosco elettronico si affermavano gli astri nascenti dell’hardgroove sound come Adam Beyer e i napoletani Marco Carola, Rino Cerrone e Gaetano Parisio; e se lo svedese decide di inserire nelle sue produzioni samples dei Kraftwerk i tre scugnizzi si affidano a suoni funk così rielaborati da risulatare al tempo stesso caldi e taglienti come lame.

La tendenza è quella di puntare più sulla commistione di generi che non sulla creazione di uno stile completamente nuovo, e così la fine del millennio è caratterizzata da una serie pressocchè infinita di composizioni crossover come quelle tra Techno e Trance che han portato alla ribalta internazionale Mauro Picotto oppure quelle tra Techno e House, così care non solo ai suddetti artisti svedesi e napoletani ma anche portoghesi e spagnoli, per non parlare di quelle tra rock e hip hop con gruppi come Korn e Limp Bizkit a dominare le charts di mezzo Mondo.

Ora, esattamente come dieci anni fà, si sta riproponendo la stessa situazione con l’ultima moda minimal, genere che si pensava esaurito con la pubblicazione dell’lp Muzik di Richie Hawtin nel 1994, che tornata a nuova vita e contaminata dall’electro tedesca, ha subito una trasformazione incredibile e da musica ostica per soli appassionati è diventata la colonna sonora dei locali più fashion.

In questi giorni sono tornati disponibili alcuni dischi che ritengo fondamentali per chiunque voglia capire l’evoluzione del suono minimale partendo dalle sue radici. Si tratta infatti della raccolta dei pezzi più importanti della mitica label di Detroit Plus 8 rimasterizzata su cd ( tre per l’esattezza) e del Globus Mix cd vol.4 ad opera di Dan Bell, anch’egli artista alla corte di Hawtin e Acquaviva, uscito sulla berlinese Tresor.

Ascoltare questi lavori è come ripercorrere la storia della Techno music, sin dalla metà degli anni ’80 quando nella Motor city si stava consumando la grande rivalità tra l’Underground Resistence di Jeff Mills, Mike Banks e Robert Hood e la Plus 8, un confronto non solo professionale ma anche e soprattutto artistico e sociale. A livello musicale, dalla parte degli UR venivano privileggiati i suoni derivati dalla prima generazione Techno sotto l’influenza di Derrik May, Kevin Saunderson e Jaun Atkins, mentre dal lato di Hawtin e Acquaviva a farla da padrona erano gli squittii della Roland TB-303 ovvero del sintetizzatore che aveva dato vita al movimento Acid di Chicago.

Ma le reali ragioni dei dissapori tra le due fazioni erano dovute principalmente al fatto che la Plus 8 era essenzialmente vista come un tentativo dei bianchi, per di più Canadesi, di impradonirsi di un genere assolutamente black. Ci vollero parecchi sforzi perché le due parti si riconciliassero ed insieme portassero in Europa il verbo della Techno; anche in questo caso le loro mosse furono praticamente parallele: la Plus 8 era partita alla conquista dei dancefloor belgi con le produzioni di un ragazzo olandese di nome Jochem Paap meglio conosciuto come Speedy J, e allo stesso tempo Mills e soci avevano sancito l’alleanza con l’etichetta più importante della Germania, e cioè la Tresor di Berlino, la cui prima compilation venne appunto intitolata “Berlin-Detroit: a techno alliance”.

Col passare degli anni però i nostri protagonisti prendono strade diverse: Mills lascia gli UR per fondare la Axis records, Hawtin mette da parte l’Acid per dedicarsi a cupi suoni minimali mentre Speedy J lascia Detroit per tornare in patria e far parte della nascente scena Techno Europea insieme a personaggi del calibro di Robert Armani, Joy Beltram (Americano ma Belga d’adozione) e un giovane Sven Vath.

L’unica cosa che sembra non essere cambiata, e a quanto pare per nostra fortuna d’ascoltatori non cambierà mai, è l’alleanza della Motor city con la capitale tedesca che oltre ad una serie di album composti da artisti del giro UR porta all’uscita della quarta compilation celebrativa della sala più morbida del Tresor club, chiamata semplicemente Globus Mix, e a metterci la firma è Dan Bell, un ragazzo che non solo ha fatto parte della Plus 8 ma che ha anche teorizzato insieme a Richie Hawtin le basi della nuova teoria minimale.

Ed eccoci nuovamente al punto di partenza: la minimal si è evoluta si è contaminata con l’electro, è divenata trendy. E adesso ? Vi chiederete…beh adesso siamo di fronte al più classico dei bivi: da un lato si può continuare a perseguire la via del crossover, e a questo proposito è assai affascinante la strada trovata da Ricardo Villalobos e Luciano con una Techno minimale ben mescolata a ritmi latino americani, dall’altro lato c’è la sfida quasi impossibile di inventarsi un qualcosa di completamente nuovo, ed in questo senso ci sono stati molti tentativi con risultati alterni. E’ il caso di ricordare “Drowning in a sea of love” di Nathan Fake, album che per quanto apprezzabile è più che altro un lamento post rock che un disco Techno, e “The idiots are winning” del suo socio James Holden che invece centra maggiormente il bersaglio, anche se alcune trovate non sono così originali come possono apparire ma che complessivamente rappresenta un bel passo avanti per la musica elettronica attuale. In Inghilterra invece pare stia decollando il Dubstep. Poi in realtà ci sarebbe anche un’altra via la quale, come dice sempre un amico mio, consiste nello smettere di farsi pippe mentali ed andare a ballare….

Federico Spadavecchia

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