Anche per oggi stavo per perdere la speranza di trovare un buon disco da recensire, cosa che in questo inizio di 2007 stava diventando una triste routine, quando girando svogliatamente le pagine di un noto webshop di mp3, concentrato più sulla mia psp che non sulla lunga lista di novità settimanali, ecco che mi si para davanti questo disco edito dalla celeberrima Primate.
“Cazzo! La Primate fa uscire un disco nuovo?!..Impossibile, deve essere una qualche ristampa!”. Così pensando, butto il videogame da una parte e con riacceso interesse inizio ad osservarlo incredulo, con l’impressione di trovarmi di fronte ad uno di quegli oggetti messi in una sfera di latta e sottorrata in giardino da una scolersca da telefilm americani per essere poi ritrovata vent’anni dopo.
Questa sensazione deriva non soltanto dal fatto che la maggior parte delle persone (che avrei voglia di definire stupide perchè danno per scontate le cose senza mai approfondirle e verificarne il reale stato, e tra le quali, più spesso di quanto vorrei ammettere in questo momento, si trova pure il sottoscritto) considerava la Primate una label bella e finita a causa di tutti i problemi finananziari passati, ma anche e soprattutto per i suoni contenuti in questo Ep, che s(u)on(an)o completamente alieni rispetto ai suoi compagni di scaffale.
Ma andiamo con ordine: dalla descrizione a margine scopro che dietro lo pseudonimo Infamous Players si celano Ignition Technician e Jon Nuccle, e mentre del primo sappiamo tutto e di più (come dimenticare le sua collaborazioni con l’etichetta Drumcode di Adam Beyer?) del secondo, faccio pubblica ammenda, mea culpa mea culpa mea grandissima culpa, non avendo proprio idea di chi fosse, mi metto a cercarne notizie in rete. Scopro allora che gli Infamous Players altro non sono che un collettivo techno nato all’inizio del nuovo millennio in UK, il cui obiettivo è quello di “liberare i loro beats gravemente malati sotto un’unica bandiera, come un’unica forza che è più grande della somma di tutte le sue parti. Così senza nè faccia nè nome, di modo da sottolineare la reale qualità della label senza rilegarla alla già affermata reputazione dei suoi fondatori”.
Ora capite che un team di Dj e producers che si presenta in questo modo, con un motto molto vicino alla fiolosofia degli UR ma nato quasi dieci anni più tardi nella patria di Clash e Sex Pistols, e per di più mandando a fanculo i puristi del genere, si guadagna di diritto tutta la mia simpatia ed il mio rispetto.
E quindi, come da manifesto (che invito a leggere all’inidirzzo http://www.infamousplayer.com/start.htm), ecco che il qui presente Detroit avenue Ep è formato da 4 tracce ognuna diversa dall’altra, ciascuna col suo fascino particolare.
La canzone che apre il disco si intitola missing channel e a mio avviso è il pezzo più bello dell’extended playin’: giro di basso stretto, cassa leggera con hit hat marcati e melodie che ci riportano in piena atmosfera new wave, sono gli ingrendienti di una produzione colta e raffinata (mi vengono in mente alcuni lavori dei Yello) ma al tempo stesso colonna sonora di oscuri viaggi notturni.
A riportare la luce nei nostri sogni da clubbers è what would we do, caratterizzata da una ritmica detroitiana, samples vocali tagliati e una melodia così happy e funky a cui è impossibile resistere. Il vinile si chiude con sirens e lose control, le due tracce più simili di tutto l’Ep: si tratta di un ritorno ai suoni della techno americana/nord europea dei primi anni ‘90 con ritmiche ossessive, anche se mai noiose, campioni di sirene da rave (sirens) e virili voci profonde alla Blake Baxter (lose control).
The future promises much more than from Inafmous.
Y’all just seen the tip of the iceberg so far.
Federico Spadavecchia